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Il Mosè di Michelangelo

Siamo a Roma alla basilica di San Pietro in Vincoli di fronte a uno dei capolavori di Michelangelo Buonarroti: il Mosè. Nella rubrica #SocialCorner siamo convinti sia assolutamente da inserire come uno dei luoghi più instagrammabili di sempre.

Il mausoleo per il papa

La scultura era parte del progetto più ambizioso di 40 statue commissionate da papa Giulio II della Rovere nel 1505, per il mausoleo, che avrebbe dovuto accogliere e custodire le spoglie del pontefice.

L’opera fu realizzata tra il 1513 e il 1515 e in seguito modificata nel 1542 dallo stesso Michelangelo che gli fece, per così  dire, ruotare la testa.

La straordinaria impresa della rotazione è ormai leggenda. Si narra, infatti, che la scultura compì la rotazione appena lo scultore le rivolse semplicemente la parola ed essa si voltò verso lui.

C’è anche la leggenda che vede un irato Michelangelo scagliare il martello contro la sua creatura perché non gli rivolge la parola. Lasciamo alle divertenti leggende il tempo che trovano. Ci colpisce molto il fatto che Buonarroti sia riuscito a compiere una modifica così importante alla sua stessa opera.

La scoperta della torsione della testa e parte del corpo è documentata ed accertata grazie ai recenti studi compiuti prima di procedere alla pulitura.

Straordinario l’effetto chiaroscurale della luce ottenuto grazie alla finitura e alla lucidatura con la pomice, effettuata su alcune parti e a piombo su altre. La luce viene restituita dalle superfici con diversi gradi di lucentezza.

La nuova illuminazione

Illuminata tenendo conto della luce che dalle finestre entrava nella basilica, una delle quali oggi non è più presente, si ha modo di cogliere l’ulteriore elemento sapientemente utilizzato all’epoca da Michelangelo.

Il Mosè è alto 235cm, per gli esperti trova l’ispirazione nel Torso del Belvedere, nel gruppo di Laocoonte e nel San Giovanni Evangelista di Donatello. Il protagonista del vecchio testamento è ritratto nell’atto di contenimento terribile dell’ira prima di farla esplodere.

È il momento in cui, dopo essere sceso dal Sinai con le tavole della legge, si sente tradito dal popolo, quel popolo che ha condotto fuori dall’Egitto attraversando le acque del Mar Rosso e che in quel momento è intento a venerare il vitello d’oro.

Il padre della psicanalisi e il Mosè

Siegmund Freud, il padre della psicanalisi in visita in Italia, colse quel sentimento del Mosè e vi si identificò, facendone un esempio di lettura psicoanalitica attraverso l’arte. Freud riconobbe nell’opera l’ira che provò egli stesso in seguito alla delusione che visse quando il suo discepolo Karl Gustav Jung si allontanò seguendo la propria visione psicoanalitica.

Curioso è il fatto delle corna che sono sul capo di Mosè originato dall’errore di traduzione della scrittura che doveva essere tradotto con raggi e che invece al tempo di Buonarroti era stato tradotto con corna, l’ebraico “karan” che vuol dire “raggi” sarebbe stato confuso con “keren” “corna”.

Il Mosè e Antonioni

Pensiamo che sia da vedere lo scambio di sguardi, quello dell’opera di Michelangelo Buonarroti e quello del maestro e regista, che in questo caso è anche attore, Michelangelo Antonioni. Basta un click qui sotto.

Restano “scolpite” in eterno le parole di Pietro Aretino: “Il mondo ha molti re e un sol Michelangelo”. Chi siamo noi per negarlo?

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