Compianto sul Cristo morto

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“Le Marie intorno sembrano infuriate dal dolore.”

Gabriele D’Annunzio

Il corpo di Gesù, è deposto e ricomposto al centro della scena. Nonostante sia steso a terra, trasmette un senso di Regalità. Il Profeta pare sospeso, elevato, com’è d’altronde elevato il disegno del Padre. La croce, lo strumento di morte, non è presente sulla scena. Per il momento, tutto è sospeso, rimandato e deve essere rivelato.

Sei personaggi circondano il corpo esanime del Cristo. Ognuno esprime i sentimenti del dolore e della perdita a modo suo. Maria Maddalena alla vista del compianto esprime tutta la sua sofferenza, lanciandosi verso il corpo. La donna è rappresentata nell’attimo prima dell’abbraccio. Il grido di dolore, deforma il viso che è quasi udibile. Le vesti svolazzano come se la donna sia investita dal vento gelido della morte e della perdita.

In Maria di Cleofa si coglie il rifiuto ad accettare la morte. Le sue mani cercano allo stesso tempo di allontanare il dolore e di celare la vista. I piedi, sono però incollati al suolo, le impediscono di retrocedere. Il busto è inclinato, cerca di andare in direzione opposta rispetto a dove si trova l’amato Profeta, cercando di sfuggire il dolore.

San Giovanni Apostolo, posto anch’esso al centro della scena, esprime un dolore sordo, silenzioso, che lo rode internamente, facendolo implodere. Il volto corrugato, stordito, esprime un chiudersi in se stesso di fronte all’enormità del dramma. È il limite dell’educazione che spesso è impartita agli uomini: mai rendere palesi i propri sentimenti, soprattutto quelli legati al dolore. Mostrarsi addolorati, è una debolezza, anche se in realtà le lacrime non rendono meno forti le persone.

La Madonna, la madre che ha partorito il figlio di Dio, è sopraffatta dal dolore, ha le mani giunte, raccolte sul grembo. Quel grembo che ha accolto il Verbo che si è fatto carne, ora è totalmente vuoto. La donna ricolma dello Spirito Santo ora è svuotata dalla perdita, è rimasta sola. Per lei non è solo perdere un figlio, lei perde per certi versi Dio stesso. Colei che la Grazia ha voluto per Se ora è in disgrazia. Si ha la sensazione che Maria stia dondolando nel dolore, pare lo voglia cullare, come ha cullato il figlio in fasce.

C’è poi il dolore che piega le gambe, il dolore che ti spezza, quello espresso da Maria di Giuseppe. Le dita affondano nella carne sui quadricipiti, come se stessero cercando un appoggio per aggrapparsi ed evitare di accartocciarsi su se stessi. Il viso esprime lo sbigottimento e un pianto senza fine.

Infine, Giuseppe d’Arimatea, in ginocchio, guarda lo spettatore, indossa gli strumenti che ha usato per liberare il corpo straziato dalla croce. L’uomo è immobile, quasi a volerci dire che tutto è compiuto. Si farà aiutare, per deporre il corpo nel sepolcro, da Nicodemo. Nel gruppo scultoreo non è presente. Giuseppe ci invita a partecipare al dolore con tutti gli altri personaggi del Compianto sul Cristo morto. L’opera di Niccolò dell’Arca, realizzata nella seconda metà del 1400, si trova a Bologna, è custodita sotto la cupola di Santa Maria della Vita a pochi passi da Piazza Maggiore.

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