Naturalmente Aboca Museum

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La notte di san Giovanni e Aboca Museum

La notte di San Giovanni, quella tra il 23 e 24 giugno, ci ricorda i nostri nonni scomparsi. Ci dicevano che “Questa notte è magica, alcune erbe raccolte bagnate di rugiada in questa speciale oscurità diventano prodigiose“.  L’aglio, perché “Chi non prende l’aglio a San Giovanni, è povero tutto l’anno“, la ruta, l’artemisia, la salvia, la menta, l’iperico, noto anche come “erba di San Giovanni”, il rosmarino “raccolti in questa notte hanno maggior effetto“, queste le loro parole, rimaste impresse nella memoria.

Quanta saggezza sull’uso delle erbe per curarsi tramandata da secoli, testimoniata anche da uno scavo archeologico a Shanidar, in Iraq. Su un uomo di Neanderthal di 60.000 anni fa, infatti, sono stati individuati pollini di piante utili per curarsi. La nostra curiosità sul tema erbe a uso terapeutico trasmessa dai nonni, ci ha spinto fin da piccoli ad approfondire e ci ha portato fino a Sansepolcro Palazzo Bourbon del Monte, all’Aboca Museum.

Bibliotheca Antiqua di Aboca Museum

Il museo custodisce una interessantissima collezione dove è possibile compiere un ideale viaggio nel tempo alla scoperta delle erbe, degli erbari, dei testi e le apparecchiature antesignane della moderna farmacologia. Sulle pareti della scalinata che porta al piano superiore, il piano nobile dell’edificio, dove è allestito il museo, sono appese le tavole botaniche tratte dagli erbari, i primi strumenti utili per il riconoscimento delle piante, conservati nella Bibliotheca Antiqua di Aboca Museum.

Gli erbari venivano realizzati in Cina già nel 2700 a.C., ma anche in Egitto, nella forma di papiro. È noto il papiro risalente al 850 a.C., ritrovato a Luxor dall’egittologo e romanziere tedesco Georg Moritz Ebers (1837-1898) che conferma la conoscenza degli egizi sulle proprietà delle piante officinali e quelle aromatiche, utilizzate anche nel processo di mummificazione.
Per piante officinali si intendono sia le medicinali che le aromatiche. L’etimologia del termine deriva dal latino officina, che era l’antico laboratorio in cui si estraevano le droghe utilizzate dalla medicina popolare.

Dioscoride Pedanio cosa direbbe?

Per gli amanti dei libri come noi, la biblioteca di Aboca Museum è una visione mistica. I testi consultabili su richiesta, sono il prezioso tesoro del sapere. Le pregevoli illustrazioni dipinte in ogni minimo dettaglio dai colori vivaci, sono delle vere e proprie opere d’arte.
La necessità dello speziale per il riconoscimento delle specie, era soddisfatta dall’abilità del pittore, il quale doveva essere in grado di riprodurle il più fedelmente possibile. I libri sono anche testimoni dell’evoluzione delle tecniche di stampa, diventano man, mano lungo i secoli, sempre più dettagliati e di qualità grafica superiore.
Se potesse vederli e consultarli Dioscoride Pedanio, il grande medico del primo secolo d.C., considerato il padre fondatore della farmacologia, colui che scrisse “De Materia Medica” utilizzata fino al Rinascimento, chissà cosa direbbe?

Teofrasto si divertirebbe un sacco

La sala delle erbe la si percepisce prima di entrarci, si è attratti dall’intenso profumo che satura l’aria.
Le piante, coprono interamente il soffitto che sembra un giardino sottosopra, sono tutte appese a testa in giù, lasciate lì a essiccare liberando ognuna il proprio profumo che si mescola in un’unica fragranza che ti inebria.
Su dei tavoli sono disposte delle ciotole contenenti foglie e semi, non si riesce a resistere alla tentazione di infilare le dita per percepire la consistenza e poi avvicinare le dita al naso per annusare e sentire il profumo. Teofrasto, il discepolo di Aristotele, il “direttore” del giardino botanico ad Atene, nel 350 a.C., qui si divertirebbe molto, godendo nell’osservare e analizzare la grande quantità di esemplari.

Acivenna, Matteo Silvatico e la Scuola Salernitana

Immaginiamo Teofrasto, ed immaginiamo che sia stato d’ispirazione per la nascita dei giardini botanici rinascimentali. I mevigliosi giardini botanici che hanno contribuito all’evoluzione e alla conoscenza delle specie.
Mentre infiliamo la mano in un cestino di calendula, pensiamo ad Acivenna e al suo testo che ha contributo per gli studi e la creazione della Scuola Salernitana col suo orto dei semplici, dove Matteo Silvatico ha potuto applicarsi all’apprendimento e all’approfondimento degli esemplari.
L’antica istituzione campana, è la prima scuola medica del medioevo in Europa. Si iniziarono a diffondere così le prime cattedre di “Lectura Simplicium”. L’orto dei semplici di Salerno lo possiamo ritenere l’antesignano degli orti botanici intesi nell’accezione moderna del termine.

Gli orti di Pisa e di Padova

Pensiamo, quindi, ai passi successivi, al Giardino botanico di Pisa. Il giardino è quello che Cosimo I Medici avrebbe voluto fosse diretto da Leonardo Fuchs (1501-1566), condiderato come uno dei primi restauratori dell’arte di guarire in Europa. Che dire dell’Orto botanico Universitario di Padova, oggi patrimonio dell’UNESCO? Orti che sono la versione 2.0 degli hortus simplicium, gli orti racchiusi nei muri di cinta dei monasteri medioevali.
Fa riflettete quanto l’umanità sia regredita su questo fronte. Se consideriamo i giardini che realizzarono ad hoc a scopi medicali, gli egizi ben 1500 anni prima di Cristo a Karnak.

L’officina alchemica

Affascina l’officina alchemica, il laboratorio di lavorazione delle erbe del ‘600. Al centro della stanza è situato il distillatore e già t’immagini lo speziale intento nel suo lavoro mentre accende i fornelli a carbone, prende dai vasi in ceramica, le specie di piante che pesterà nel mortaio seguendo una serie di procedure per ottenere la sostanza, che contiene il principio attivo, che il medico dell’epoca ha indicato per curare un paziente.

Lo intravediamo dietro gli alambicchi e gli albarelli tutto intento a regolare il calore e poi di volata alla cella dei veleni, il luogo dove sono tenute sotto chiave le sostanze tossiche, a prendere quel pizzico di sostanza necessaria. Quella stanza dove può accedere solo lui per evitare che qualche sprovveduto le possa utilizzare. Le sostanze vegetali, minerali e animali che potrebbero uccidere un uomo, che un esperto sa come farle diventare salutari medicine.

Paracelso e Claudio Galeno

Come faceva probabilmente Paracelso (1493-1541), medico e alchimista svizzero che può essere considerato un primo erborista e farmacista moderno. Paracelso s’è avvalso dell’uso sistematico di principi attivi delle piante, postulando una forma semplice di fitoterapia, dando nuova linfa e nuovi stimoli, visto che si usavano ancora i famosi preparati galenici di Claudio Galeno (131-199 d.C.), il medico che fu, per carità, fondamentale per tutto il periodo medioevale fino alla fine dell’600, anche perché le sue teorie godettero del favore della Chiesa.

Antoine Laurent Lavoisier

L’immagine dello speziale cambia entrando nella sala del laboratorio fitochimico. Ecco l’evoluzione apportata da Antoine Laurent Lavoisier (1743-1794) con lo sviluppo della chimica delle sostanze naturali. Si vanno affermando i prodotti medicinali industriali derivati dalla chimica farmaceutica.
Campana avvisa che lo speziale doveva conoscere a tutti i costi anche la chimica, altrimenti avrebbe potuto aprire solo una drogheria.

I rimedi per tutti i mali

E infine la farmacia dell’800. Il periodo storico dove la scoperta dei principi attivi vegetali, isolati dalle piante, dà una nuova fisionomia all’arte farmaceutica, con i suoi mobili di legno massello di rossiccio pino: arredo d’epoca.

I ripiani stracolmi, chiusi dietro le trasparenti antine, con le boccettine di vetro, bottigliette, scatole e albarelli in ceramica con sopra le etichette a indicare il preparato o la sostanza contenuta. In mezzo alla stanza il banco con la bilancia e lo scrittoio. Sulle pareti due frasi recitano: Le erbe medicinali sono una forza della natura creata per tutti i viventi e L’Homo sapiens potrà, se vorrà, trovare in natura i rimedi per tutti i suoi mali.

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Questo racconto è stato scritto ascoltando Torneremo ancora di Franco Battiato con la Royal Philharmonic Concert Orchestra