La festa dei Serpari di Cocullo

La festa dedicata a San Domenico Abate
La Festa dei Serpari di Cocullo, era celebrata fino a qualche anno fa il primo giovedì di maggio. È uno degli eventi religiosi e folkloristici più singolari d’Italia che si svolge dal 2012 il 1° maggio. La festa dedicata a San Domenico abate, detto anche di Sora, è profondamente radicata nella cultura dell’Abruzzo interno e rappresenta un raro esempio di sincretismo tra ritualità pagane e devozione cristiana.
Le due reliquie
La figura di San Domenico, monaco benedettino vissuto tra il X e l’XI secolo e fondatore di vari monasteri tra Lazio e Abruzzo. Il santo, nato a Foligno e morto a Sora, è tradizionalmente invocato come protettore dai morsi di cani, lupi o di serpente, e dal mal di denti. Secondo la leggenda, egli avrebbe liberato Cocullo, in provincia de L’Aquila, dai serpenti e lasciato in dono alla comunità due reliquie: un dente molare e un ferro della sua mula, entrambi ancora oggi custoditi nella chiesa di Santa Maria delle Grazie.


Una festa che ha radici più antiche
La festa ha origini ben più antiche. Si rifà ai riti magico-religiosi dei Marsi, la popolazione italica celebre per la sua sapienza erboristica e per l’arte di “parlare ai serpenti”, come tramandato da Plinio il Vecchio. Al centro del culto precristiano vi era la dea Angizia, associata ai serpenti e alla medicina. A lei venivano offerti serpenti in atti propiziatori. Con l’avvento del cristianesimo, questo simbolismo venne “convertito” nella figura taumaturgica di San Domenico.
Il rito: preparazione e celebrazione
La preparazione alla festa comincia, dopo la festa di San Giuseppe, il 19 marzo, quando i serpari uomini e donne esperti nella cattura e nella cura dei rettili, iniziano a cercare serpenti non velenosi, come cervoni, biacchi e saettoni nei boschi intorno a Cocullo. I serpenti vengono tenuti in cattività, nutriti e manipolati per abituarli al contatto umano.


1° maggio il giorno delle celebrazioni
La celebrazione vera e propria avviene il 1° maggio. Fin dalle prime ore dell’alba giungono numerosi i fedeli e i curiosi che vogliono scoprire e partecipare dall’evento. Con la supervisione dei serpari si possono tenere in mano i serpenti, che passano da una persona all’altra che li accarezzano senza alcuna paura e si fanno fotografare con i con i rettili in mano o attorno al collo.


Tirare con i denti la corda della campanella
Alcune donne in costume portano in testa cesti addobbati con fiori e pani rituali, detti ciambellati. Altri intonano i canti della tradizione popolare dedicati al santo. I riti proseguono con la celebrazione di una messa solenne e la venerazione del reliquiario del Sacro Dente, che i fedeli baciano per ottenere protezione da malattie e dolori. Un altro rito apotropaico è tirare con i denti la corda della campanella appesa nella chiesa, per scongiurare malanni ai denti e ottenere benedizione.


La statua ricoperta di serpenti
Al culmine delle celebrazioni la statua di San Domenico, viene portata a braccia in processione per le vie del paese. Prima del corteo, di fronte al portale sul sagrato della chiesa, attorniata da una folla trepidante, giungono i serpari a ricoprire con i serpenti vivi la statua. Li dispongono con cura attorno alle braccia, alle spalle e soprattutto sulla testa del santo, lasciandone libero solo il volto.
I rettili vi si intrecciano e avvinghiano, trasformando la statua in un’immagine di straordinaria potenza.
Al termine di tutti i riti i serpenti vengono liberati in natura, completando così il ciclo simbolico di cattura, protezione e restituzione.
La figura del serparo
Il serparo è una figura chiave nella tradizione cocullese, portatore di conoscenze arcaiche. Solo i separi sono autorizzati a maneggiare e far toccare i serpenti ai fedeli. Sono coloro che si assicurano che gli animali non vengano fatti cadere o che possano in qualche modo subire maltrattamenti.
Anche Gabriele D’Annunzio, conobbe questi riti. Ne rimase affascinato. Uno dei personaggi della tragedia La fiaccola sotto il moggio del 1905 è proprio la figura di un separo.


Tradizione, identità e studi antropologici
La Festa dei Serpari è stata oggetto di attenzione da parte di antropologi e studiosi delle religiosità popolari.
Anche per questo, è stata candidata all’inserimento nel Patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO. Il riconoscimento valorizzerebbe non solo la peculiarità del rito, ma anche il suo ruolo di collante culturale e spirituale per l’intera regione.
Un rito di ancestrale paura che si traforma
La Festa dei Serpari di Cocullo rappresenta un esempio straordinario di sopravvivenza culturale: una tradizione che fonde mito, leggenda, religione e natura, mantenendosi vitale grazie alla partecipazione della comunità e alla risonanza che suscita in chi la osserva e partecipa.
È un rito che trasforma l’inquietudine ancestrale per il serpente in un segno di protezione e rinascita, mostrando come il passato possa ancora abitare il presente in forme sorprendenti con un pizzico di poesia.
Alcune indicazioni di ordine pratico
In questo giorno di grande affluenza è consigliabile raggiungere Cocullo in treno da Pescara, Sulmona e Avezzano. Sono previsti treni supplementari da parte di Trenitalia. Gli orari si possono trovare sul sito uffiale. La stazione di Cocullo dista dai luoghi dell’evento soltanto 900 metri, percorribili facilmente a piedi. Se decidete di andare in auto, il consiglio è quello di giungere in loco in mattinata sul presto, in autostrada percorrendo la A25 uscendo allo svincolo per Cocullo. Considerate che la piazza di Madonna delle Grazie è già in fermento fin dalle prime ore dall’alba. Se si arriva in tarda mattinata considerate di dover parcheggiare l’auto lungo la strada che porta a Cocullo e poi camminare qualche chilometro.
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Questo racconto è stato scritto acoltando Unravel di Björk.